Promemoria per un viaggio prossimo
Ci stavo proprio pensando ora : in fondo, quel
fiume mi sta attorno quasi da quando son nato : è stato punto d’incontro
per giochi infantili e adolescenziali, complice di amori o compagno di
avventure giovanili, sentiero liquido per imparare e praticare la pesca. Ma
solo ora mi dico che non mi è ancora servito da pretesto per un’escursione vera
e propria. Gianni Celati, nel suo « Verso
la foce » (Universale Economica Feltrinelli, 2011) viaggia lungo il Po ;
Paolo Rumiz, nella sua « Leggenda
dei monti naviganti » (Universale Economica Feltrinelli, 2011) ha percorso dapprima le Alpi e poi gli
Appennini : perché allora non tentare – a tappe – di domandare a questo
fiume di essermi da guida dalle sue sorgenti alla foce (o l’inverso) ?
Tanto per mettere le basi di un probabile futuro
viaggio lungo questo fiume, eccone una prima esplorazione sotto forma di note
più o meno strutturate. Queste note, prese qualche tempo fà, sono poi sfociate
in un testo più ristretto per la voce « fiume Ticino » del Dizionario Storico della Svizzera, a sua
volta condizionato per l’uso proprio di quella pubblicazione.
Il suo percorso
Il fiume Ticino (il cui nome, tasín, tesín, di origine
prelatina, significa semplicemente … corso
d’acqua : termine ancora in uso in documenti del XIIIo secolo) attraversa
da nord a sud l’omonimo Cantone, il cui toponimo viene attribuito nel 1798). Dopo
un percorso di circa 90 chilometri entra nel Lago Verbano in quella che oggi è
la zona paludosa protetta delle Bolle. A Sesto Calende, in Provincia di Varese
(Italia) il Ticino esce dalle acque lacustri e riprende la sua apparenza di fiume
per 110 chilometri prima di congiungersi con il Po, fiume piemontese e padano
che lo accoglie nelle sue acque a Linarolo, sotto Pavia, per portarlo con sè
fino al mare.
Come spesso capita nelle Alpi, anche per il fiume Ticino
non vi è un solo ed unico punto di
origine. La sua vita inizia sul colle della Novena, passo che collega il Canton
Vallese con il Canton Ticino, ad un altitudine di 2'400 metri sul mare. Dopo
aver percorso la Valle Bedretto, incontra, ad Airolo, il suo secondo ramo che
scende dalla valle della Tremola e la cui origine si trova nei pressi del passo
del San Gottardo, colle ticinese che collega i due cantoni del Ticino e di Uri.
Da Airolo a Rodi-Fiesso, il fiume trova un tratto più riposante, disturbato
solo dalla strettoia dello Stalvedro. A Rodi, dove una volta viandanti e merci
incontravano il Dazio Grande, il nostro fiume precipita nella gola del
Piottino. Ritrovata una pendenza più regolare, attraversa Faido continuando
verso Lavorgo dove affronta, di nuovo, un paesaggio più stretto e impervio
immergendosi quindi, ai piedi di una frana preistorica (staccatasi
probabilmente dal fianco sinistro) nella gola della Biaschina. Poco più sotto incontra
la località di Giornico e, da qui in poi, uscito dalle montagne del massiccio
del Gottardo, non troverà più ostacoli maggiori, fino alla sua entrata nel lago,
46 chilometri più a valle.
I suoi principali affluenti, al di là degli
innumerevoli ruscelli che scendono dai versanti della valle principale e dalle
sue valli laterali, sono essenzialmente tre :
- il fiume Brenno – che anticamente portava anch’esso il nome di tesígn de Bregn e che autori
dell’Ottocento non esitavano a considerare il terzo ramo d’origine del fiume –
alle porte di Biasca, dove termina la
parte montana propriamente detta del nostro fiume ;
- il fiume Moesa, che scende dal passo grigionese del San Bernardino immettendosi
nel Ticino alle porte di Bellinzona ;
- il fiume Morobbia, a sud di quella città, da dove il Ticino diventa un vero e
proprio fiume di pianura inoltrandosi sul Piano di Magadino.
Il suo profilo.
Il suo percorso ticinese, snodandosi su una
novantina di chilometri dal colle della Novena a 2'400 metri circa di
altitudine ai 193 metri del Lago Maggiore, ha quindi una pendenza generale del
25 per mille. Questa pendenza media, che sottolinea il carattere montano del
fiume, non deve però trarre in inganno perché il corso d’acqua ha un profilo molto
più variato, passando progressivamente, ma con salti successivi, dalla montagna
al piano. Dal passo della Novena alla confluenza con la Val Prosa, alla base
del colle, il passaggio dai 2'400 metri ai 1'940 su poco più di 3 km si
effettua con una pendenza (la massima) del 163 per mille. In valle Bedretto,
con i suoi 14 chilometri, il fiume arriva alle porte di Airolo con una pendenza
media del 55 per mille. La Valle Leventina viene allora attraversata con
pendenze varianti tra il 15 e il 23 per mille : 17 per mille su 14
chilometri da Airolo a Rodi ; 23 per mille sulla decina di chilometri del
tratto che passando da Faido porta a Lavorgo e 15 per mille sugli 11 chilometri
che separano il percorso dal Ticinetto (affluente proveniente da Chironico sul
versante destro, prima di Giornico) a
Biasca. Fra le tre parti della Leventina (Alta, Media e Bassa valle) la
topografia impone due salti notevoli : 98 per mille lungo poco più di un
chilometro nel Piottino e 65 per mille su poco più di 2 chilometri nella
Biaschina. Abbandonato il profilo montano propriamente detto, dopo la
congiunzione con il fiume Brenno, il Ticino diminuisce progressivamente il suo
profilo : 3,1 per mille sui 18 chilometri che separano il Brenno dalla
Morobbia ; 2,50 per mille lungo i 6 chilometri e mezzo che portano alla
Moesa ; 2,3 per mille sui 10 chilometri e mezzo da qui al lago.
Il fiume risorsa
Nel passato (medievale soprattutto), i traffici
commerciali evitavano le gole del Piottino e della Biaschina seguendo
rispettivamente la via che da Prato saliva a Dalpe per poi ridiscendere a Faido
e quella che passava da Chironico, Grumo e Altirolo, prima di raggiungere
Giornico. Sarà nel corso del XVI secolo che gli Urani apriranno una via
attraverso le due gole (prima il Piottino, istituendo quel che oggi chiamiamo
ancora il Dazio Grande e più tardi la Biaschina) (cf. Sargenti, 1994)
Oggi il fiume Ticino riesce ancora, a volte, a
mettere in allarme popolazione e autorità (come pure continuerà a farlo nel
futuro), tuttavia siamo lontani dal suo percorso disordinato ed impetuoso,
ancora caratteristico della fine del XIXo secolo da quando le sue acque sono
state progressivamente « addomesticate », sia attraverso i lavori di
canalizzazione che attraverso il controllo dei flussi avvenuto con le centrali
idroelettriche. Nel 1868, la portata massima misurata a Bellinzona fu di 2'500
metri cubi al secondo (Knapp, Borel, 1908) : i dati odierni (osservazioni
dal 1921 al 2008) forniscono valori estremi più bassi, con un massimo eccezionale
di 1500 metri cubi nel 1927. Nel medesimo periodo, sempre a Bellinzona, la
portata media è di 68 metri cubi al secondo, mentre quella minima e quella
massima sono state, rispettivamente, di 33 e 107 metri cubi al secondo. Il
fiume Ticino, nella sua parte ticinese, non è mai stato navigabile, tuttalpiù
usato ancora nella prima metà dell’Ottocento, per il trasporto galleggiato del
legname legato a zattere (detto « flottazione ») a partire da
Giornico-Bodio durante lo sciogliersi delle nevi.
Il fiume entra nella modernità contemporanea nel
corso del XIXo secolo, dapprima con la sua sofferta correzione e poi con l’uso
idroelettrico delle sue acque. Le prime proposte di correzione del percorso del
Ticino sorgono nel primo decennio dell’Ottocento. Nel 1875 viene inaugurata la
linea ferroviaria di Locarno, rendendo così necessario mettere fine alle disordinate
divagazioni del corso d’acqua. Nel 1885 viene presentato un progetto, il
cui finanziamento pubblico verrà bocciato in votazione popolare. Nel 1886, in
risposta alla bocciatura viene creata la Fondazione del Consorzio Correzione
Fiume Ticino e nel 1888 iniziano i lavori che dureranno fino al 1939 con un
investimento di più di 11 milioni di franchi. Se la correzione del fiume può
essere considerata terminata, nuove valutazioni e nuove norme di sicurezza
impongono sempre nuovi adattamenti soprattutto davanti alle trasformazioni di
tutta la zona. L’incanalamento del fiume aveva permesso di trasformare il Piano
di Magadino in una nuova risorsa recuperando terreni per un’agricoltura
moderna, ma questi stessi terreni subiscono, oggi, la concorrenza delle altre attività
insediative (abitazioni, vie di comunicazione, centri commerciali, ecc.).
Se non l’acqua del fiume direttamente, quelle dei
suoi affluenti più montani sono state (e lo sono tuttora) oggetto di
sfruttamento tramite prelievi per la produzione dell’energia idroelettrica. Nel
Cantone Ticino (cf. L’Ambiente in Ticino, 2003 pp. 102-104) si contano ben 118
punti di prelievo di cui 114 nel Sopraceneri : di questi più della metà si
situa nel bacino idrografico del fiume Ticino e l’importanza di questi prelievi
è visibile sul tratto leventinese del fiume fino a Personico. Il caso del
Brenno, il primo grosso affluente è interessante perché illustra il peso dei
prelievi : prima della costruzione e della messa in funzione degli
impianti OFIBLE (Officine idroelettriche Blenio) : la portata
« naturale » era di circa 18 metri cubi al secondo e dopo gli inizi
degli anni Sessanta, scese a 5 metri cubi al secondo. L’acqua risorsa
idroelettrica fondamentale per la vita economica viene a scontrarsi, oggi, con
l’acqua risorsa per l’ambiente e la vita sociale (esercizio della pesca, per
esempio). A titolo di esempio, alla presa di Rodi, il deflusso minimo garantito
dall’Azienda Elettrica Ticinese (cf. L’ambiente in Ticino, tabella 2.4 p. 106)
è di 300-500 litri al secondo : poco più sopra, a Piotta, la stazione di
rilevamento misura per il periodo 1969-2008 una portata media annua di 2,31
metri cubi al secondo (la più piccola, nel 2006, fu di 1,09 metri cubi e la più
grande, di 6,14 metri cubi nel 1978). La prima centrale fu quella della Piumogna, affluente che raggiunge il Ticino a Faido, in
Valle Leventina, costruita nel 1889. A seguito del grande sviluppo degli anni
che hanno seguito la Seconda guerra, oggi, sul percorso del fiume vi son ben 14
centrali idroelettriche che producono circa 748 MegaWatt, corrispondenti alla
metà della produzione e delle centrali cantonali.
Se i deflussi minimi sono sempre stati oggetto di
discussioni e periodicamente riproposti al tavolo delle concessioni, la
coscienza ambientalistica odierna solleva un altro problema inerente la
gestione del flusso : la sua variazione ! I repentini aumenti e
diminuzioni dei rilasci per motivi legati al funzionamento degli impianti idroelettrici
modifica le condizioni ambientali per la fauna ittica a valle dei punti di restituzione.
Questi deflussi massimi, improvvisi, possono minacciare le speci presenti e le
loro condizioni di riproduzione.
Il fiume Ticino, come la maggior parte dei fiumi
svizzeri, è un elemento naturale sempre più immerso in un universo urbanizzato :
da risorsa economica importante, diventa sempre più elemento strutturale
nell’organizzazione del territorio, soprattutto del Sopraceneri.
Bibliografia :
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de la Suisse, Neuchâtel, Attinger Frères Editeurs, pp. 645-650.
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cura di V. Gilardoni), Bellinzona, Edizioni Casagrande, Vol. Primo, p. 100.
Lavizzari L., 1988 (1859-1863), Escursioni nel
Cantone Ticino, (a cura di A. Soldini e C. Agliati), Locarno, Armando Dadò
Editore, pp. 285-295.
Vetterli L., 2005, « Il problema dei deflussi
massimi », in Pro Natura Ticino No. 3, gennaio 2005 pp. 3-5.
Gemnetti e Pedroli, 1963, Il Cantone Ticino,
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Minor
H.-E. e Hager W.H., 2004, Ingegneria fluviale in Svizzera, Sviluppo e
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Stato e evoluzione, Rapporto cantonale sulla protezione dell’ambiente,
Dipartimento del Territorio, Divisione dell’Ambiente, Sezione della protezione
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Sargenti W., 1994 (1963), Geografia del Cantone
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2 : La Valle del Ticino, Bellinzona, Edizioni Casagrande.
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